Si sa, generalmente il photoshooting è una attività molto impegnativa professionale e seria la cui finalità è valorizzare al massimo l’oggetto fotografato esaltandone le qualità e nascondendone i difetti.
Quando si apre una sessione di photoshooting tutti gli addetti si strizzano cervello ed occhi per poter cogliere l’angolo giusto, l’esposizione giusta, la luce giusta perfino il silenzio giusto per fare lo scatto… giusto.
Il tutto dopo aver passato ore, se non giorni, per scoprire l’ambientazione che faccia da cornice ottimale ad un click (che è il prodotto di vari click+click+clik+clik+clik+..) che immortali l’oggetto che alla fine della sessione, quasi umanizzato, si sente privo di luce, colore, dimensione ed identità .
Insomma una cosa seria, molto ma molto seria ed altrettanto impegnativa…..
Dishesonly si avvale della preziosa collaborazione di Giulia, fotografa esperta e assolutamente professionale.
Ieri mattina, in un momento di pura incoscienza, mentre si stava per iniziare una meritata pausa pranzo mi chiedo: ma se provassimo a fare da sole delle foto dei nostri prodotti?
La curiosità è più forte della fame e allora, macchina fotografica prima in mano, poi al collo (mi sentivo veramente professionista con la macchina al collo) si inizia.
Obiezioni ( tentativi di obiezione) da parte del mio Grillo parlante:” la luce è poca; non abbiamo fatto brainstorming sulla location; ma gli sfondi? Non abbiamo sfondi giusti; e l’allestimento?…Non si può fare photoshooting senza allestimento appropriato; e la profondità? Come facciamo a dare la giusta profondità alla foto?
aaaaaarrrrrrrggggggg
E ancora altre obiezioni che neppure ricordo, perché macchina fotografica in mano, anzi al collo, mi sono sentita invasa e pervasa da una verve “newtoniana” e ho cominciato a scattare.
Click+clik+clik+clik+clik. E ancora clik+ clik + clik + clik.
Ho iniziato a fotografare le mattonelle del terrazzo, i fiori del terrazzo, le sedie del terrazzo, la vista dal terrazzo, i cani che passavano sotto il terrazzo, fino a quando ho “messo a fuoco” che non stavo fotografando i nostri meravigliosi prodotti.
E allora in un sussulto pseudoprofessionale ho detto…”ma le ciotole di Fischer, dove sono le ciotole di Fischer? E il vaso della Frey? E i piatti della collezione Colibrì…non saranno mica volati via?…portiamoli qui.”
Portati ciotole, vaso e piatti e ridiscesa a terra in un secondo sussulto sempre pseudoprofessionale, ho cominciato a pensare all’ambientazione, perché dai, per quanto si stesse scherzando, un’ambientazione andava meritoriamente data.
Allora brevissimo sillogisma …il Colibrì è un bellissimo uccello (e non cominciate a ridere….perchè noi abbiamo riso di più)….
….il Colibrì anche se grande/adulto (stop alle risate!) ha bisogno di un nido per scaldarsi, riposarsi, dormire, mangiare.
Obiezioni: carino…ma mancano bicchieri e tovagliolo (come minimo).
Pensiero: ma con il bicchiere riuscirò a dare la giusta (ça va sans dire) prospettiva, emozione,?
Nooo, il bicchiere no, lo faccio volare via dal nido, ma non posso fare lo stesso anche con il tovagliolo, che per dirla tutta pur legando bene al table setting , finiva per nascondere il Colibrì.
E allora tovagliolo al centro….
No lo copre totalmente.
A destra…
Ma dove vanno a finire le posate?
A sinistra…
Ma già non si vede la forchetta…
Quindi..tovagliolo m’hai sfidato e mo t’ aggiusto!
In basso e abbraccia anche le posate! E per ringraziarti ti metto anche un po’ di verde così faccio un reminding ai rami che ospitano i nidi.
Sì dai, non male per delle foto “nostre”…ma le ciotole di H.Fischer?
H.Fischer è un artista straordinario, estremamente talentuoso, con un’ esperienza trentennale nel campo della ceramica e una sfilza di riconoscimenti nazionali ed internazionali .
E soprattutto con uno sguardo molto, ma molto, ma molto serio ( ricordatevi quest’aggettivo)
La sua collezione Terra gioca con grande abilità con i colori, con le forme e con la materia (ogni ciotola è un pezzo unico); ha un forte impatto emozionale coniugato ad un’ oniricità poetica.
Serio. Forte. Oniricità. Poesia.
Breve antisillogisma: voglio fotografarlo insieme alla pecorella di legno fatta a mano con materiali recuperati dalle spiaggie dell’artista Chacò.
Obiezioni del mio Grillo parlante: ma no la pecorella non c’entra niente (ipse dixit “non ch’azzecca niente”), è docile, troppo docile, non fa sognare, non è onirica.
Controobiezione : no la pecorella è fantastica, è un vero pezzo d’arte che si sposa perfettamente con le altre creazioni e a me fa sognare.
No. Sì. No. Sì.
Allora il grillo parlante , stanca di obiettare e stremata dalla mia furia fotografica prepara lo sfondo, tra una, cento , mille risate.
Non fotografarmi di faccia, non voglio, non sono pronta….
…Ma non potevo non fotografare un sorriso così bello e che raffigura in pieno il mood di questi momenti!!
Ed ecco il risultato delle ciotole con pecorella.
Sono quasi due ore che scatto, tra obiezioni, risate, battute, flessioni, su è giù dalla scaletta per fare i click dall’alto e ci ricordiamo che non abbiamo fotografato uno dei nostri ultimi arrivi, Petalo di T. Frey.
Non si può, non si deve non fotografarlo.
E’ bellissimo… è un vaso color rosa tea, di resina, di una perfezione assoluta nelle forme e di una tattilità sorprendente.
Non è facile (non che gli altri lo fossero) da fotografare perché se lo vedi dal vivo dice tutto, insomma parla, anzi racconta un mondo , ma fotografarlo è un’altra cosa.
Eccolo.
Non contente, pensiamo di fotografarlo insieme a dei bellissimi e succosissimi cedri di Sorrento in un trionfo di minimalismo naturista, accompagnato dalle ciotole di Fischer.
Ok , non male, i colori si rincorrono tra loro: rosa, giallo, marrone.
Ma la luce quella naturale (e la giornata ne offriva solo una …grigino preoccupante) non c’è quasi più.
Click+clik+clik+clik..e ancora clik+clik+clik erano trascorse quasi quattro ore.
Faccio fatica psicologica a levarmi la macchina dal collo, ma comincio a sentire un gran freddo e soprattutto non c’è più luce.
Il mio Grillo parlante è felice; anche io lo sono.
Morale della giornata: prendetevi poco sul serio, ridete nel fare cose che non avete mai osato fare e soprattutto ( vale per me e non per il mio Grillo che ha un fisico da teenager) ricordatevi che una sessione di photoshooting fatta nel rincorrere i movimenti dei veri professionisti per dare la giusta profondità, prospettiva e luminosità (piegatisulleginocchiapiegailbustosalisullascalettascendidallascalettaarisalisulla scalettaariscendidalla scaletta) equivale a due ore di esercizi in palestra (con molte, molte, ma molte sane risate in più).
P.S: Giulia torna presto.